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Ponte di Nona Colle Prenestino / Via Prenestina

Roma Est, sull’impianto a biomasse di Agricola Salone parola all’esperto: intervista al prof. Adani

Abbiamo raggiunto Fabrizio Adani, professore ordinario alla Statale di Milano presso il Dipartimento di Scienze Agrarie. A lui abbiamo chiesto di spiegare quale tipo di impatto l’impianto a biomasse potrebbe avere sul territorio

Mancano poco meno di venti giorni all’avvio della prima conferenza dei servizi in Regione Lazio: gli enti coinvolti dovranno dare il loro parere circa la fattibilità dell’impianto a biomasse che dovrebbe sorgere a Colle Prenestino, all’interno dell’azienda Agricola Salone. Ferma la linea dei cittadini, dei comitati e del municipio VI che, anche attraverso il nostro giornale, hanno annunciato una dura battaglia: ferrea opposizione perché non si apra un nuovo impianto.

Alla vigilia dell’iter istruttorio che sarà avviato il 25 marzo per ottenere la valutazione di impatto ambientale, abbiamo raggiunto Fabrizio Adani, professore ordinario alla Statale di Milano presso il Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali - Produzione, Territorio, Agroenergia. A lui abbiamo chiesto di spiegare quale tipo di impatto, l’impianto a biomasse, potrebbe avere sul territorio del sesto municipio e nelle zone limitrofe. E cosa lo differenzia da un termovalorizzatore, considerato che il territorio delle torri paga già lo scotto di avere l’impianto di Rocca Cencia. 

Può spiegare la differenza che intercorre tra un termovalorizzatore e un impianto a biomasse?

I concetti sono completamente diversi. Il termovalorizzatore produce energia rinnovabile da biomasse attraverso un processo fisico di combustione. La combustione può comportare la produzione di emissioni nocive per l’uomo (cosi come le producono, ma in maggiore quantità, il camino di casa alimentato a legna). È anche vero che, se condotta correttamente alle alte temperature e utilizzando le tecnologie adeguate e di ultima generazione, essa non comporta problemi. Un impianto a biomasse, se con tale termine intendiamo il compostaggio o/e la digestione anaerobica, consiste in un impianto che riproduce su scala industriale e controllata processi biologici naturali. In tale senso un impianto a biomasse diventa utile per il territorio nel momento in cui permette di gestire anche ciò che il territorio scarta “le biomasse e i rifiuti organici”.   

Cosa sono la digestione anaerobica e il compostaggio?

La digestione anaerobica è un processo biologico di degradazione della sostanza organica in ambiente anaerobico (avviene in assenza di ossigeno) con produzione di biogas (CO2 e metano, sostanzialmente) e un biofertilizzante stabilizzato biologicamente: il digestato. La digestione anerobica è un processo del tutto naturale che l’uomo ha saputo “addomesticare” a suo uso e consumo. Il compostaggio è anch’esso un processo biologico naturale “addomesticato” di degradazione della sostanza organica. Al contrario della digestione anerobica, esso è di tipo aerobico (avviene in presenza di ossigeno). I prodotti finali del compostaggio sono CO2, acqua e un biofertilizzante stabilizzato biologicamente: il compost (il comune concime organico che compriamo nei garden). I due processi sono “alternativi” ma spesso sono utilizzati insieme per il recupero di biomasse e rifiuti organici, i.e. la digestione anaerobica permette il recupero energetico dalle biomasse permettendo la produzione di energia rinnovabile (a zero impatto di gas serra); il compostaggio permette la produzione di compost per uso agricolo e verde pubblico e hobbistica.   

Quali vantaggi comporta questo tipo di tecnologia?

Il vantaggio dall’uso di queste biotecnologie risiedono nel fatto che sfruttano, come già detto, processi naturali per il recupero di biomasse e/o rifiuti. L’utilizzo di tali biotecnologie permette la risoluzione della gestione delle biomasse/rifiuti organici che altrimenti si degraderebbero in “ambienti non controllati” creando problemi di impatto, es. odori, gas serra etc. (si pensi ad esempio alle vecchie discariche puzzolenti coi gabbiani, topi etc.).

Cosa comporta l’uso di questa tecnologia in un territorio prettamente agricolo?

Comporta la possibilità di un approccio corretto nella gestione delle biomasse con l’utile recupero di energia (rinnovabile), di nutrienti (fertilizzanti) e di sostanza organica (fertilità del suolo), promuovendo approcci di Economia Circolare tipici dell’agricoltura del passato che, grazie a tali biotecnologie possono essere riproposte in chiave moderna e sostenibile.  Sostanzialmente si vanno prefigurando le “comunità energetiche e dei nutrienti” ovvero aree che diventano in parte autonome per la produzione di energia (rinnovabile) e di recupero di nutrienti per una agricoltura che non fa uso di concimi sintetici.  

Esistono eventuali criticità?

Le criticità esistono nel momento in cui tali biotecnologie sono applicate in modo non corretto. Non esistono quindi criticità legate direttamente ai processi (che sono di tipo naturale) ma alla loro NON corretta gestione. Tra le criticità vi sono la produzione di odori e le emissioni, che sono facilmente controllabili con le tecnologie a disposizione e con la corretta collocazione e uso dei biofertilizzanti in agricoltura in sostituzione dei concimi di sintesi: “la bicicletta è un ottimo ed ecologico mezzo di trasporto che non comporta criticità, se però ha i freni rotti il suo utilizzo può diventare critico e molto pericoloso”.


 

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